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La stolta vita

di Enrico Marra

Ecco
sono un albero,
tonnellate di legno
di quercia per fare croci;
e questi tarli sono sacrifici pagani:
pago un pegno biblico al suicidio ciclico.
Perché è umana questa rabbia distruttiva,
è un biglietto caro per un treno senza ritorno.
E non me ne frega un cazzo dei vostri sogni interrotti,
dei troppi vetri rotti, dei bar di periferia, quelle sbornie;
o le notti passate nell’incubo di non trovare una vena.
E fanculo a quelli che passano, guardano, giudicano;
è il prezzo da pagare con queste conseguenze care.
Ma l’inconsapevolezza esiste persiste e ti spezza,
aggiunge pregiudizi alla sorte e cerca la morte,la tua;
è una vita di fango tra dolore e schizzi:
una follia degenerante tra le spade e i vizi.
È  sangue sulla strada, pronti alla parata;
una pera dedicata: il Diavolo veste Prada.
Cosa vuoi fare; tu devi pagare il prezzo.
Il tuo odio è il disprezzo del tuo abisso;
i fuochi d’artificio esplodono nel cielo:
e il maleficio regala fiori senza stelo.
E non sei una persona, cosa strana,
la sporca puttana loca senza casa;
i virus ti consumano tutto dentro:
ti colonizzano tra caso e caos.
E si mischiano e riproducono
in questa mescolanza idiota:
della tua stolta vita vuota.

 

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